Oggi non sarò la solita Malefica. No… mi correggo… io sono sempre Malefica.
Qualche settimana addietro un messaggio di una cara amica e collega mi chiedeva aiuto per far conoscere un’associazione.
Ho conosciuto così una realtà nuova. Una realtà che non può e non deve restare nascosta. Davanti ad un caffè ho incontrato la presidentessa dell’Associazione “Amici dell’Hospice Siracusa” nata l’8 febbraio del 2012.
Valeria Troia mi ha raccontato dell’associazione. Forse è stata una questione di sguardi ma ci siamo, come dire, scelte.
I nostri progetti sono grandi. Prima di iniziare, però, Valeria ha invitato me (insieme alla mia redazione) e Renato Scatà a visitare l’Hospice (che si trova presso l’Ospedale “Rizza”).
Parliamo di cose reali. Come sempre. Non ci piace nasconderci o raccontare mezze verità. Proprio per questo oggi mi sono trovata investita da un insieme di emozioni che mi hanno completamente aggrovigliato lo stomaco.
Parlare di malati terminali non è mai semplice. Ma alla morte non si può fuggire. C’è. E’ sempre presente e aspetta inesorabile di bussare alla porta di qualcuno. Del resto quasi tutti abbiamo avuto a che fare con LEI (la signora di cui tanto si teme parlare)!
Entrata nell’Hospice ho rivisto, a tratti, casa mia.
I colori dei muri hanno invaso i miei occhi mostrandomi amore. L’arancione, il blu, l’azzurro e ancora altri colori hanno subito colpito la mia vita riportandomi in un posto, quasi, familiare.
Lentamente, insieme ai miei tacchi, mi sono immessa nel lungo corridoio. Un corridoio “vivo” nonostante si parli di “morte”.
Per qualche minuto ho temuto che mie gambe potessero cedere quando voltandomi alla mia destra e sinistra ho visto le otto stanze che ospitano gente colpita dal “male del secolo”.
Il calore e il colore. La voce di Valeria mi ha condotta a visitare questa struttura che sconoscevo.
La prima visita è avvenuta dentro la stanza delle riunioni, dove le volontarie (anche del progetto Ninfea) erano intente a preparare le candele (simbolo dell’associazione) in occasione della Pasqua! Insieme alle volontarie c’erano anche dei familiari di pazienti. Per il corridoio, mentre ero accompagnata nella stanza che accoglie i familiari, ho visto una bambina. I miei occhi si sono sgranati. Lei era solo un’ospite momentanea dentro l’Hospice per un paziente.
Dentro l’ampia e colorata stanza dedicata ai familiari il mio sguardo, si è posato su un libro. Il Libro dell’Hospice. Ho atteso che fosse Valeria a indicarmelo prima di aprire il becco e curiosare.
Quel libro raccoglie testimonianze, ricordi, parole su parole. Ho letto solo il primo rigo… e mi sono girata di scatto… era una scrittura al “passato”… leggendo sono certa che avrei iniziato a piangere come una bambina.
Il sorriso è rispuntato nel mio volto quando ho proseguito il percorso. Una stanza relax (con libri e giochi per i più piccoli). Una cucina ben attrezzata. Tutto sempre contornato da colori… colori… e ancora colori.
Ho stretto la mano a Salvo Russo uno degli infermieri che mi ha fatto visitare una stanza. Una splendida stanza piena di tutti i confort (compresa televisione, mini frigo e bagno). Salvo è stato davvero gentile e non dimenticherò facilmente il suo volto sicuro e gentile.
Perché dentro l’Hospice si respira aria pulita. Aria di gentilezza. Aria che ti fa pensare alla “morte” strettamente legata alla dignità dell’essere umano.
Il giro è terminato. Ancora quattro chiacchiere con Valeria e poi siamo stati accolti da dottor Giovanni Moruzzi e dalla psicologa Giusy Digangi.
La nostra conversazione non è durata moltissimo. Gli occhi di Giusy e le parole di Giovanni sono arrivati diretti a colpire il cuore. Diretti nell’intento di questa realtà a tratti sconosciuta che vuole dare modo ai pazienti di terminare la propria vita in maniera dignitosa.
Mentre il dottor Moruzzi parlava, si è soffermato sulla parola DIGNITA’ che ha spiegato con tre punti cardine.
Ammaliata dalle parole di Giovanni gli ho chiesto di appuntarle in un foglio per farle mie (e vostre).
Dignità è: non abbandonare, non mortificare e riconoscere come persona sino alla fine.
Ci siamo salutati… ci rivedremo presto… prestissimo… e presto saprete anche come.
Ho rimesso la mia borsa in spalla. Ho baciato Valeria (ormai la ritengo una mia amica) e sono risalita in macchina con mille pensieri. Pensieri dolci e amari.
Pensieri che viaggiano lontani. Pensieri che non voglio restino solo nella mia mente.
Ho pensato a quando lei… la signora “morte” ha bussato per la prima volta alla mia porta lasciandomi inerme e “nuda” davanti alla sua potenza. Ho pensato a come non si possa mai nascondere la verità. Ho pensato che c’è bisogno di più informazione e di più umanità in questo mondo quasi “ibrido”. Ho pensato… ho pensato decisamente troppo…
Questa sera vi lascio così… con pensieri non facili… ma “fottutamente” reali.
Baci “malefici” a tutti… o quasi tutti…
Ecco un’immagine… quella della stanza dove si trova il libro… il libro che racconta ricordi reali.