Lei non è più curva. È seduta. La sua aria è rassegnata. Fissa le pareti della stanza in maniera smaniosa. Ha le braccia incrociate e la rassegnazione negli occhi. È una moglie. La moglie dell’altra volta.
Lui è sempre in quel letto. Dentro quella stanza con il soffitto a pallini marroni. È un marito. Anche se oggi sembra più il ricordo di un bambino, troppo cresciuto, che ha voglia di chiudere gli occhi per terminare un percorso di stanchezza.
Si lamenta.
È un lamento sordo, non come quello della scorsa volta. Non fissa più quel tetto. Apre a stento le labbra per buttare dentro un fievole respiro. Forse ha paura. La paura che leggi negli occhi di chi forse non avrà un domani. Non riesco a leggerla però. Perché quegli occhi sono e vogliono restare chiusi.
Lei lo accarezza. Accarezza il volto stanco del suo uomo. Lo accarezza con amore e prova a farlo mangiare. Lui prova a buttare giù qualche cibo liquido ma non ci riesce. Lei scuote la testa.
Lui non sente.
Tossisce leggermente. Non riesci a non fissarlo. Io vado avanti con il cervello e penso che magari, oltre quegli occhi chiusi, veda la serenità alla quale ambisce. Lui magari lo sa. Lei anche. Io invece no. Sono una bambina stupida e pur sapendo che lui non uscirà vivo da questa stanza m’illudo, ingenuamente, che avvenga un miracolo. Abbasso la testa…non riesco a salutare guardando negli occhi la signora.
“Buona sera”…e corro fuori perché ho bisogno di prendere aria a pieni polmoni. Mi sento il petto schiacciato da un macigno che non riesco a spostare. Mi sento stupida per il mio saluto. La signora poco prima piangeva.
Magari avrà pensato che sono solo una cretina. Questa sera ho un miscuglio di sensazioni troppo forti. Non riesco più a digitare una sola parola.
Baci “malefici” a tutti…o quasi tutti