Lei è una signora minuta. A tratti scorbutica. Scostante. Non ha un buon rapporto con le persone. Io la saluto sempre (mia madre mi ha insegnato che si fa così… e io ho imparato).
Ha dei capelli ricci e neri. Degli occhiali da sole enormi. Le sopracciglia sono disegnare, minuziosamente, con la matita. Prima di uscire, credo, spruzzi litri e litri di profumo… pesante. Stenta a riconoscermi ogni volta che la saluto. E aspetta… in silenzio… accennando al mio bel colore di capelli che io le rivolga la classica domanda di circostanza: “Come va?”
Inizia così il calvario… i ricordi… le lacrime… Nonostante suo figlio sia deceduto per scelta parecchi anni addietro… lei vive nel e del ricordo.
Sembra che mi attenda per far scorrere le lacrime dagli occhi. Il racconto è sempre lo stesso… e io fingo, spudoratamente, di non esserne a conoscenza.
Lei non riesce più a entrare nella stanza del figlio. Prima problemi di droga e poi l’”alieno” (come chiamava il cancro la grande Oriana Fallaci) hanno portato il figlio appeso a un filo dal nome depressione. Qualche tentativo di suicidio andato a male… e poi una notte… una marea di pillole ingerite… per dimenticare il dolore… per dimenticare e mettere fine alla sofferenza di un corpo martoriato dalle costanti operazioni. Le pillole… tutte quelle pillole hanno vinto sul suo corpo.
Non era giovanissimo ma lei ne parla come se si trattasse di un bambino. Tutte le domenica va al cimitero per stare un pochino con lui.
Io mi sento la solita stronza a dover ascoltare restando in silenzio e accendo la sigaretta, forse per ricordarle anche suo figlio…
Non ho mai capito come mai molte persone trovino in me una confidente silenziosa. Mi fissano “dentro” gli occhi e pretendono che io non distolga mai lo sguardo. Li accontento… non voglio mai deludere chi, in qualche modo, ha bisogno di me.
“Signora… se ha bisogno di quattro chiacchiere io ci sono sempre”. E’ questa la frase conclusiva dei nostri incontri.
Non l’abbraccio mai… lei odia gli abbracci. Al massimo poggio la mia mano sulla sua spalla… in segno di semplice conforto.
“Grazie Alessia. Sei sempre molto gentile”… ci salutiamo e via.
Intreccio le mani… lo faccio sempre quando sono nervosa… e penso a quanto dolore possa contenere la mente umana…
Penso a come sia bello donare un pezzetto di se anche se non si riceve nulla in cambio…
Alle volte Malefica si scioglie davvero…
Baci “malefici” a tutti… o quasi…